martedì 21 agosto 2012

Il rito dell'esorcismo


Per capire cos'è l'esorcismo si deve partire da Gesù Cristo e dalla sua stessa prassi.
Gesù Cristo è venuto per annunciare e inaugurare il regno di Dio sul mondo e sugli uomini. Gli uomini hanno una capacità di accogliere Dio nei loro cuori (Rom 5, 5). Questa capacità di accogliere Dio viene, però, offuscata dal peccato e talvolta il male, nell'uomo, occupa il posto dove Dio vuole vivere. Per questo Gesù Cristo è venuto a liberare l'uomo dalla dominazione del male e del peccato e così anche da tutte le forme di dominazione del maligno, cioè del diavolo e dei suoi spiriti maligni chiamati demoni, che vogliono deviare il senso della vita dell'uomo. Per questa ragione Gesù Cristo scacciava i demoni e liberava gli uomini dalle possessioni degli spiriti maligni, per farsi spazio nell'uomo, cosicché quest'ultimo acquisti la libertà verso Dio, il quale vuole dare il suo Spirito Santo all'uomo che è chiamato a diventare suo tempio (1 Cor 6, 19; 1 Pt 2, 5) per dirigere i suoi passi (Rom 8, 1-17; 1 Cor 12, 1 -11; Gal 5, 16-26) verso la pace e la salvezza.
Qui c'entra la Chiesa e il suo ministero.
La Chiesa è chiamata a seguire Gesù Cristo e ha ricevuto il potere, da parte di Cristo, di continuare nel suo nome la sua missione. Allora l'azione di Cristo per liberare l'uomo dal male si eserciterà attraverso il servizio della Chiesa e dei suoi ministri ordinati, deputati dal Vescovo per compiere i sacri riti indirizzati a liberare gli uomini dalla possessione del maligno.
 L'esorcismo è, allora, un'antica e particolare forma di preghiera che la Chiesa adopera contro il potere del diavolo. Ecco come nel Catechismo della Chiesa Cattolica viene spiegato cos'è l'esorcismo e come esso viene esercitato:
Quando la Chiesa domanda pubblicamente e con autorità, in nome di Gesù Cristo, che una persona o un oggetto sia protetto contro l'influenza del Maligno e sottratto al suo dominio, si parla di esorcismo. Gesù l'ha praticato (Mc 1, 25 s.); è da Lui che alla Chiesa deriva il potere e il compito di esorcizzare (cf. Mc 3, 15; 6, 7.13; 16, 17). In una forma semplice l'esorcismo è praticato durante la celebrazione del Battesimo. L'esorcismo solenne, chiamato "grande esorcismo", può essere praticato solo da un presbitero e con il permesso del Vescovo. In ciò bisogna procedere con prudenza, osservando rigorosamente le norme stabilite dalla Chiesa. L'esorcismo mira a scacciare i demoni o a liberare dall'influenza demoniaca, e ciò mediante l'autorità spirituale che Gesù ha affidato alla sua Chiesa. Molto diverso è il caso di malattie, soprattutto psichiche, la cui cura rientra nel campo della scienza medica. È importante, quindi accertarsi, prima di celebrare l'esorcismo, che si tratti di una presenza del Maligno e non di una malattia (cf. Codice di Diritto Canonico, can. 1172) - (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1673).
La Sacra Scrittura c'insegna che gli spiriti maligni, nemici di Dio e dell'uomo, svolgono la loro azione in modi diversi; tra questi è segnalata l'ossessione diabolica chiamata anche possessione diabolica. Ma l'ossessione diabolica non è il modo più frequente in cui esercita il suo influsso lo spirito delle tenebre. L'ossessione ha caratteristiche di spettacolarità e in essa il demonio s'impadronisce in un certo modo delle forze e dell'attività fisica della persona che subisce la possessione. Non può, però, impadronirsi della libera volontà del soggetto, e perciò il demonio non può ottenere dalla persona posseduta un coinvolgimento della libera volontà, al punto da farla peccare. Ciononostante la violenza fisica che il diavolo esercita sull'ossesso è un incentivo al peccato ed è questo che lui vuoi ottenere. Il rituale dell'esorcismo segnala diversi criteri e indizi che permettono di arrivare, con prudente certezza, alla convinzione che ci si trovi dinanzi ad una possessione diabolica. È allora che l'esorcista autorizzato può eseguire il solenne rito dell'esorcismo. Tra questi criteri sono: il parlare con molte parole di lingue sconosciute o capirle; rendere note cose distanti oppure nascoste; dimostrare forze al di là della propria condizione, e ciò insieme con avversione veemente verso Dio, la Madonna, i Santi, la croce e le sacre Immagini.
Viene sottolineato che per eseguire l'esorcismo c'è bisogno dell'autorizzazione del Vescovo diocesano, autorizzazione che può essere concessa per un caso specifico oppure in modo generale e permanente al Sacerdote che esercita nella diocesi il ministero di esorcista.
Il Rituale Romano conteneva, in un apposito capitolo, le indicazioni e il testo liturgico degli esorcismi. Questo capitolo era l'ultimo ed è rimasto senza essere revisionato dopo il Concilio Vaticano II. La stesura finale di questo Rito degli Esorcismi ha richiesto molti studi, revisioni, aggiornamenti e modifiche con varie consultazioni delle Conferenze Episcopali, dopo un'analisi da parte di un'Assemblea Ordinaria della Congregazione per il Culto Divino. Il lavoro è costato dieci anni e ha dato come risultato il testo attuale, approvato dal Sommo Pontefice, che viene oggi reso pubblico e messo a disposizione dei Pastori e dei fedeli della Chiesa. Rimarrà ancora un lavoro di competenza delle rispettive Conferenze episcopali: cioè quello della traduzione di questo Rituale nelle lingue parlate nei rispettivi territori; queste traduzioni dovranno essere esatte e fedeli all'originale latino e dovranno essere sottoposte, secondo la norma canonica, alla recognitio della Congregazione per il Culto Divino.
Nel Rituale che oggi presentiamo si trova, innanzitutto, il rito dell'esorcismo propriamente detto, da esercitarsi su una persona ossessa. Seguono le preghiere da recitarsi pubblicamente da un sacerdote, con il permesso del Vescovo, quando si giudica prudentemente che c'è un influsso di Satana su luoghi, oggetti o persone, senza arrivare però allo stadio di una possessione vera e propria. C'è, inoltre, una raccolta di preghiere da recitarsi privatamente da parte dei fedeli, quando essi sospettano con fondatezza di essere soggetti ad influssi diabolici.
L'esorcismo ha come punto di partenza la fede della Chiesa, secondo la quale esistono Satana e gli altri spiriti maligni, e che la loro attività consiste nell'allontanare gli uomini dal cammino della salvezza. La dottrina cattolica c'insegna che i demoni sono angeli caduti a causa del loro peccato, che sono esseri spirituali di grande intelligenza e potere: "La potenza di Satana però non è infinita. Egli non è che una creatura, potente per il fatto di essere puro spirito, ma pur sempre una creatura: non può impedire l'edificazione del Regno di Dio. Sebbene Satana agisca nel mondo per odio contro Dio e il suo Regno in Cristo Gesù, e sebbene la sua azione causi gravi danni - di natura spirituale e indirettamente anche di natura fisica per ogni uomo e per la società -, quest'azione è permessa dalla divina Provvidenza, la quale guida la storia dell'uomo e del mondo con forza e dolcezza. La permissione divina dell'attività diabolica è un grande mistero, ma "noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio" (Rom 8, 28)" (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 395).
Vorrei sottolineare che l'influsso nefasto del demonio e dei suoi seguaci viene abitualmente esercitato attraverso l'inganno, la menzogna, la bugia e la confusione. Come Gesù è la Verità (cf.Gv 8, 44), così il diavolo è il bugiardo per eccellenza. Da sempre, sin dall'inizio, la menzogna è stata la sua strategia preferita. Non c'è dubbio che il diavolo riesca ad intrappolare tante persone nella rete delle bugie, piccole o clamorose. Inganna gli uomini facendo loro credere che la felicità si trovi nel denaro, nel potere, nella concupiscenza carnale. Inganna gli uomini persuadendoli che non hanno bisogno di Dio e che sono autosufficienti, senza bisogno della grazia e della salvezza. Addirittura inganna gli uomini diminuendo, anzi facendo scomparire il senso del peccato, sostituendo alla legge di Dio come criterio di moralità, le abitudini o le convenzioni della maggioranza. Persuade i bambini che la bugia è un modo adatto per risolvere diversi problemi, e così, man mano, si crea tra gli uomini un'atmosfera di diffidenza e di sospetto. Dietro le bugie e le menzogne, che portano l'immagine del Grande Bugiardo, si sviluppano le incertezze, i dubbi, un mondo dove non c'è più sicurezza né Verità e dove, invece, regna il relativismo e la convinzione che la libertà consista nel fare quel che si vuole; così non si capisce più che la vera libertà è l'identificazione con la volontà di Dio, fonte del bene e dell'unica felicità possibile.
La presenza del diavolo e della sua azione, spiega l'avvertimento del Catechismo della Chiesa Cattolica: "la drammatica condizione del mondo che "giace" tutto "sotto il potere del maligno" (1Gv 5, 19), fa della vita dell'uomo una lotta: "Tutta intera la storia umana è infatti pervasa da una lotta tremenda contro le potenze delle tenebre; lotta incominciata fin dall'origine del mondo, che durerà, come dice il Signore, fino all'ultimo giorno. Inserito in questa battaglia, l'uomo deve combattere senza soste per poter restare unito al bene, né può conseguire la sua interiore unità se non a prezzo di grandi fatiche, con l'aiuto della grazia di Dio" (Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, Gaudium et spes, n. 37, 2) " - (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 409).
La Chiesa è sicura della vittoria finale dì Cristo e perciò non si lascia trascinare dalla paura o dal pessimismo, ma allo stesso tempo è consapevole dell'azione del maligno che cerca di scoraggiarci e di seminare la confusione. "Abbiate fiducia - dice il Signore - Io ho vinto il mondo! " (Gv 16, 33). In questa cornice trovano il loro posto gli esorcismi, espressione importante, ma non l'unica, della lotta contro il maligno.
Dal Vaticano, il 26 gennaio 1999
Jorge A. Card. MEDINA ESTÉVEZ
Prefetto


domenica 19 agosto 2012

Pietà di Michelangelo



Solo una Madre china su suo figlio
L’intuizione del Buonarroti è dipingere una Madonna più giovane dello stesso Gesù, trasformando la scena sacra in un’apologia dell’amore materno. Che parla a tutti
L’esordio di Michelangelo in Vaticano, nello spazio della basilica di San Pietro, è con la Pietà. Non c’è nessun dubbio che essa rappresenti un’assoluta novità. Con una leggerezza, e un’armonie di forme senza precedenti. Ma tanto più sorprendente perché concepita ancora nel Quattrocento. Michelangelo era arrivato a Roma nel 1946. Attraverso il banchiere Jacopo Galli conobbe il cardinale francese Jean Villier, l’ambasciatore di Carlo VII presso Papa Alessandro VI, che gli commissionò la Pietà per il proprio monumento funebre di Santa Petronilla. Il contratto fu stipulato nell’agosto del 1498 e l’opera consegnata un anno dopo. L’orgoglio del primo capolavoro conduce Michelangelo a mettere la firma sul nastro a tracollo dell’abito della Vergine.
La perfezione raggiunta apparve subito irripetibile ed inimitabile, se Vasari nel 1590 scrive: “ Non pensi mai sculture ne artefice raro, potere aggiungere di disegno ne di grazia, ne con fatica potere mai di finezza, pulitezza, ne di straforare il marmo tanto con arte, quanto Michelangelo vi fece, perché si scorge in quella tutto il valore e il potere dell’arte”.
Forse per questo mai collocata in Santa Petronilla, la Pietà, nel 1517 è nella sacrestia della Basilica di San Pietro da cui, dopo altri spostamenti, fu sistemata nella prima cappella della navata destra dove patì, nel 1972 , un’aggressione vandalica da parte di un esaltato, che la martellò in diversi punti. Il restauro reintegrativo non concesse nulla al gusto allora imperante, al frammento e al feticismo dell’originale. I numerosi calchi dell’opera guidarono l’intervento. Le fonti di Michelangelo sono sculture largamente diffuse in Italia, di provenienza tedesca, gruppi di pietra o di legno denominati “ vesperbild” perché legati alle celebrazioni del Venerdì Santo: lo schema è identico, con la Vergine vestita e il Cristo morto nudo in braccio.
Ma quella spigolosa nitidezza si trasforma in Michelangelo in una dolcezza senza fine, un’umanissima meditazione della giovane donna sul figlio morto. Non si può escludere che Michelangelo, oltre alla iconografia dei “ vesperbild”, avesse meditato, quando fu a Bologna nel 1494, anche sui compianti in terracotta emiliani, in particolare su quello di Nicolò dell’Arca di Santa Maria della Vita. Ma, di queste fonti d’ispirazione nulla resta nella elaborazione di Michelangelo che inventa un’immagine viva e nuova nel rapporto fra il corpo abbandonato del Cristo senza vita, con le gambe e il braccio inerti, e quello ampio e avviluppato degli abiti della madre che lo osserva, dolente e incredula. Ma è qui l’intuizione di Michelangelo, che ci mostra una madre più giovane dello stesso figlio, trasformando la Pietà in una maternità.
La vergine continua ad essere quella che teneva in braccio il bambino, anche nel momento estremo della morte. Madre, senza tempo. Piena di grazia ma con disperata dolcezza, la Madre contempla il figlio che da lei nacque e che a lei ritorna.
La tragedia si stempera nella morbidezza nelle forme, e nelle infinite pieghe nelle vesti. Più nulla della rigidezza delle nordiche Pietà e,  soltanto nel volto sfinito della Vergine, irrimediabile amore. Ad un artista come Jean Fabre non restava che duplicare il capolavoro di Michelangelo, rovesciandone il senso dalla vita alla morte, sostituendo al volto ideale della Vergine un teschio.

(Vittorio Sgarbi, I tesori dell'arte italiana)
Fonte: vatican.va

sabato 18 agosto 2012

Se alle persone vadano attribuiti degli atti nozionali...

S. Agostino afferma in contrario cioè che alle Persone non vadano attribuiti degli atti nozionali e quindi afferma che tutto ciò che viene attribuito a Dio gli viene attribuito o come sostanza o come relazione. Ora, ciò che riguarda la sostanza è indicato con gli attributi essenziali, ciò che invece riguarda le relazioni viene significato con i nomi delle persone e delle proprietà. Quindi, oltre a queste, non vanno attribuiti alle persone gli atti nozionali

Risponde San Tommaso: Gli atti nozionali differiscono dalle relazioni delle persone soltanto per il diverso modo di significare, ma in realtà sono la stessa cosa. Tanto è vero che il Maestro delle Sentenze [1, 26] può dire che la generazione e la nascita «sono chiamate con altri termini paternità e filiazione». — Ora, per bene intendere queste affermazioni si deve tener presente che noi cominciamo a conoscere l‘origine di una cosa da un‘altra in base al moto. Se infatti una cosa viene tolta dalla sua disposizione naturale mediante il moto, è chiaro che ciò proviene da qualche causa. E così l‘azione, secondo il significato originario del termine, sta a indicare l‘origine del moto: infatti il moto che si riscontra in un soggetto mosso da un altro viene detto passione; l‘origine invece di tale moto, in quanto parte da un principio e termina nel soggetto che viene mosso, viene detta azione. Per cui, tolto il moto, l‘azione non implica se non il rapporto di origine, cioè il procedere da una causa o principio verso ciò che ne deriva. Quindi, non essendovi in Dio alcun moto, l‘azione propria della persona che produce la persona non è altro che il rapporto di principio con la persona che ne deriva. E questi rapporti non sono altro che le stesse relazioni o nozioni. Ma di Dio e delle cose puramente intelligibili noi non possiamo parlare se non alla maniera di quelle sensibili, da cui derivano le nostre conoscenze, e nelle quali le azioni e le passioni, in quanto comportano un moto, sono distinte dalle relazioni che da esse sorgono: perciò fu necessario significare questi rapporti delle persone separatamente, come atti e come relazioni. E così risulta chiaro che [gli atti nozionali e le relazioni] sono in realtà la stessa cosa, differendo soltanto nel modo di significare.

lunedì 13 agosto 2012

Che cos'è l'energia oscura?

Che esista non c'e alcun dubbio: le leggi del Big Bang e della gravita', pero' non spiegano quello che vedono i moderni telescopi, e cioe' un universo che, anziche' rallentare, accelera la sua espansione, il che richiede un'energia grandissima. " C'e un qualcosa che dal di fuori tira o dal di dentro spinge, ben oltre la legge di gravita'. Un qualcosa che, applicando l'equazione di Einstein e=mc2, diventa il 73% della massa dell'universo"spiega Bignami. Mica quisquille. "Qualcuno vorrebbe cambiare le leggi della fisica, e tutto andrebbe a posto. Ma e' una soluzione tappabuchi. E' come dire a un teologo che Dio ha fatto il Big Bang. Troppo facile, se il teologo e' serio". E l'energia oscura potrebbe dirci molto, non soltanto sull'evoluzione che avra' l'universo ma anche sulla sua genesi. 

giovedì 9 agosto 2012

Se i nomi essenziali siano da appropriarsi alle Persone divine...

Per illustrare i misteri della fede era conveniente che si appropriassero alle varie Persone gli attributi essenziali. Sebbene infatti non si possa dimostrare, la Trinità delle Persone, tuttavia è utile portare dei chiarimenti mediante cose più note. Ora, gli attributi essenziali sono più evidenti per la nostra ragione di ciò che riguarda le Persone: poiché alla conoscenza certa degli attributi essenziali noi possiamo giungere attraverso le creature, da cui inizia ogni nostro conoscere, mentre, non possiamo arrivare a [conoscere in questo modo] quanto è proprio delle Persone. Come quindi per esporre la dottrina intorno alle Persone divine ci serviamo delle somiglianze riscontrate nelle creature, [che sono] vestigi o immagini [di Dio], così [ci possiamo servire] degli attributi essenziali. E questa manifestazione delle Persone divine mediante gli attributi essenziali viene detta appropriazione. Ora, in due modi si possono manifestare le Persone divine mediante gli attributi essenziali. Primo, partendo dalle somiglianze: così, p. es., tutto ciò che ha attinenza con l‘intelletto viene appropriato al Figlio, il quale procede intellettualmente [dal Padre] come Verbo. Secondo, partendo dalle dissomiglianze: p. es., al dire di S. Agostino [cf. Ugo di S. Vittore, De Sacram. 1, 2, 8], viene appropriata al Padre la potenza affinché non si creda che in Dio avvenga come tra noi, presso cui i padri per vecchiaia sono deboli e impotenti.

(Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae)

martedì 7 agosto 2012

Se i nomi essenziali presi in astratto possano designare le persone divine...

Intorno a questo argomento cadde in errore l‘abate Gioacchino [da Fiore] il quale, considerando che a motivo della sua semplicità Dio non è altro che l‘essenza divina, sosteneva l‘ortodossia di questa espressione: l‘essenza genera l‘essenza, messa alla pari di quest‘altra: Dio genera Dio. — Ma in ciò egli si ingannava: affinché un‘espressione corrisponda a verità non si deve guardare solo al significato, ma anche al modo di significare. Ora, sebbene Dio e divinità realmente indichino la stessa cosa, non è però uguale il loro modo di esprimerla. Infatti il termine Dio indica l‘essenza divina come esistente in un soggetto, e proprio per questo suo modo di esprimerla può normalmente designare la persona: quindi al termine Dio si può unire come predicato quanto è proprietà delle persone, e dire: Dio è generato, o Dio genera. Invece la voce essenza, per il suo modo di esprimere, non può designare la persona: poiché serve a indicare la divinità come forma astratta. Quindi quanto è proprio delle persone e serve a distinguerle tra di loro non può essere attribuito all‘essenza: poiché ricadrebbe sull‘essenza la distinzione che c‘è fra le persone.

Tommaso d'Aquino (Summa Theologiae)

domenica 5 agosto 2012

Se in Dio l‘essenza e la persona siano la stessa cosa...

Per chi considera la semplicità divina la soluzione del quesito è evidente. Come infatti , la semplicità divina richiede che in Dio la natura sia identica al supposito; il quale, nelle sostanze spirituali, non è altro che la persona. Ma allora sorge l‘obiezione di come sia possibile che le persone si moltiplichino mentre l‘essenza conserva la sua unità. Poiché dunque, secondo Boezio [De Trin. 6], «la sola relazione dà origine alla trinità delle Persone», alcuni dissero che in Dio l‘essenza e le persone differiscono tra loro allo stesso modo in cui dicevano che le relazioni erano assistenti, considendo in esse solo il rapporto al termine, e non la realtà.Come nelle creature le relazioni sono accidenti, così in Dio sono la sua stessa essenza. Quindi in Dio l‘essenza non differisce in realtà dalla persona; e tuttavia le persone differiscono realmente fra di loro.La persona significa la relazione come un sussistente nella natura divina. Ora, la relazione rapportata all‘essenza non differisce realmente, ma solo concettualmente; rapportata invece alla relazione opposta, in forza dell‘opposizione, si distingue realmente. E così si ha un‘essenza e tre persone.

(Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae)

giovedì 2 agosto 2012

Se Dono sia un nome proprio dello Spirito Santo...


Dono come termine personale è in Dio un nome proprio dello Spirito Santo. Perché ciò sia chiaro è da notare che, come dice Aristotele [Topic. 4, 4], il dono è un «dare senza resa», cioè un dare senza pensare a una retribuzione: e così indica una donazione gratuita. Ora, il motivo di una donazione gratuita è l‘amore: infatti diamo una cosa gratuitamente a qualcuno perché vogliamo per lui il bene. La prima cosa dunque che gli diamo è l‘amore con il quale vogliamo a lui il bene. Quindi è chiaro che l‘amore ha natura di primo dono, da cui provengono tutti i doni gratuiti. Ora, si è già visto [q. 27, a. 4; q. 37, a. 1] che lo Spirito Santo procede come Amore, quindi procede come primo dono. Per cui S. Agostino [De Trin. 15, 19] dice che «per il Dono che è lo Spirito Santo sono distribuiti molti doni particolari alle membra di Cristo.

(Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae)