giovedì 18 aprile 2013

Luce di verità...

Studiando il Libro VI de "La Repubblica" di Platone...

La verità è immutabile! È la luce della vera conoscenza, cioè del vero sapere, che noi tutti dobbiamo ricercare. Qualora mancasse la verità non si parlerà più di conoscenza, ma di un falso sapere, che condiziona la vita e la ricerca umana del proprio essere, della sua vera natura. Dunque,dobbiamo condurre il nostro pensiero alla ricerca della vera sapienza, illuminata da una costante "luce di verità".

Riporto una breve parte del dialogo.

Socrate: Sai che gli occhi quando vengono rivolti verso oggetti i cui colori non sono più illuminati dalla luce del giorno, bensì da quella notturna, si indeboliscono e sembrano quasi ciechi, come se non possedessero più la chiarezza della vista?
Glaucone: Certo
Socrate: Quando invece, penso, si rivolgono verso oggetti che il sole illumina vedono distintamente e appare che questi stessi occhi possiedono tale chiarezza.
Glaucone: Si
Socrate: Allo stesso modo concepisci così anche il comportamento dell'anima: quando si fissa saldamente su ciò che è illuminato dalla verità e dall'essere, allora lo pensa e lo conosce e si manifesta nella pienezza del pensiero; quando invece si volge a ciò che comporta oscurità- allora opina e s'indebolisce, mutando su e giù le sue opinioni, e sembra ormai non aver più pensiero.


6 commenti:

  1. Amicus Plato, sed magis amica veritas.
    [Mi è caro Platone, ma più cara la verità.]
    Aristotele, [attrib.]: Originale greco attribuito a Aristotele

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  2. Chi scrive in sangue e sentenze, non vuol essere letto ma imparato a mente.Sui monti la via più diretta è quella da vetta a vetta: ma per questo occorre che tu abbia gambe lunghe. Le sentenze devono essere vette: e coloro ai quali si parla devono essere grandi e di alta statura. F. NIETZSCHE, Così parlò Zarathustr

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  3. "Molti sono i sentieri che conducono alla vetta dell'unico e identico monte; le differenze fra questi sentieri sono tanto più visibili quanto più in basso ci si trova, ma esse svaniscono arrivando sulla vetta. Ognuno deve imboccare il sentiero che parte dal punto in cui egli si trova: chi continua a girare attorno al monte in cerca di altri sentieri non sale alla vetta. Non avviciniamoci mai a un altro fedele per chiedergli di diventare "uno di noi": avviciniamoci invece a lui con il rispetto dovuto a uno che è già "dei Suoi", che è già di Colui che è e dalla cui invariabile bellezza ogni essere contingente dipende". Molti sentieri per un'unica vetta, Osservazioni sulla religione comparata di A. K. Coomaraswamy.

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  4. Dio! Non chiedermi

    di elencare le tue meraviglie.

    Ti riconosco le stelle e i soli

    e i mondi innumerevoli.

    Ma ho misurato le loro distanze

    e li ho pesati e ho scoperto la loro materia.

    Ho inventato ali per l'aria,

    e chiglie per l'acqua,

    e cavalli di ferro per la terra.

    Ho accresciuto milioni di volte

    la vista che tu mi desti,

    e l'udito che mi desti,

    milioni di volte;

    ho valicato lo spazio con la parola,

    e preso dall'aria il fuoco per farne luce.

    Ho costruito grandi città e perforato colline,

    e gettato ponti su acque maestose.

    Ho scritto l'Iliade e l'Amleto;

    ho esplorato i tuoi misteri,

    e ti ho cercato senza posa,

    e ti ho ritrovato dopo averti perduto

    in ore di stanchezza,

    e ti chiedo:

    ti piacerebbe creare un sole

    e l'indomani avere i vermi

    che ti brulicano in mezzo alle dita?

    Edgar Lee Masters, Spoon river.

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  5. Quanto più ci innalziamo, tanto più piccoli sembriamo a quelli che non possono volare. Tutti questi arditi uccelli che spiccano il volo nella lontananza, nell'estrema lontananza, di sicuro, a un certo momento non potranno più andare oltre e si appollaieranno su un pennone o su un piccolo scoglio- e per di più grati di questo miserevole ricetto! Ma a chi sarebbe lecito trarne la conseguenza che non c'è più dinanzi a loro nessuna immensa, libera via, che sono volati tanto lontano quanto è possibile volare? Tutti i nostri grandi maestri e precursori hanno finito coll'arrestarsi; e non è il gesto più nobile e il più leggiadro atteggiamento, quello con cui la stanchezza si arresta: sarà così anche per me e per te! Ma che importa a me e a te! Altri uccelli voleranno oltre! Questo nostro sapere e questa nostra fiducia spiccano il volo con essi e si librano in alto, salgono a picco sul nostro capo e oltre la sua impotenza, lassù in alto, e di là guardano nella lontananza, vedono stormi d'uccelli molto più possenti di quanto siamo noi, i quali agogneranno quel che agognammo noi, in quella direzione dove tutto è ancora mare, mare, mare! E dove dunque vogliamo arrivare? Al di là del mare? Dove ci trascina questa possente avidità, che è più forte di qualsiasi altro desiderio? Perché proprio in quella direzione, laggiù dove sono fino ad oggi tramontati tutti i soli dell'umanità? Un giorno si dirà forse di noi che, volgendo la prua a occidente, anche noi speravamo di raggiungere l'India, ma che fu il nostro destino a naufragare nell'infinito? Oppure, fratelli miei? Oppure?
    (F. Nietzsche, Aurora)

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  6. Una felicità che finora l'uomo non ha mai conosciuto: la felicità di un dio colmo di potenza e d'amore, di lacrime e di riso, una felicità che, come il sole alla sera, non si stanca di effondere doni della sua ricchezza inestinguibile e li sparge nel mare, e come il sole, soltanto allora si sente assolutamente ricca, quando anche il più povero pescatore rema con un remo d'oro! Questo sentimento divino si chiamerebbe, allora – UMANITA'! - La gaia scienza, F. Nietzsche -

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