lunedì 29 ottobre 2012

Se gli angeli esercitino nei corpi assunti delle operazioni vitali...

1. Agli angeli, messaggeri della verità, non si addice alcuna finzione. Ma nel caso che il corpo da essi assunto, pur Parendo vivo e dotato di operazioni vitali, non compisse in realtà tali funzioni, ci sarebbe un inganno. Quindi gli angeli esercitano le funzioni vitali nei corpi che assumono.
 2. Nelle opere dell‘angelo non vi è nulla di inutile. Ma sarebbe inutile nel corpo assunto dall‘angelo la figura degli occhi, del naso e degli altri organi dei sensi se l‘angelo non avesse le relative sensazioni per mezzo di questi organi. Quindi l‘angelo mediante il corpo che assume ha delle sensazioni. Funzione questa quanto mai vitale.
3. Muoversi da un posto a un altro è uno degli atti vitali, come dimostra Aristotele [De anima 2, 2]. Ora, gli angeli manifestamente si muovono nei corpi assunti. Infatti nella Genesi [18, 16] è detto che Abramo, «congedando gli angeli» che gli erano apparsi, «li accompagnava». E a Tobia [Tb 5, 7 s.] che gli chiedeva: «Conosci la strada per andare nella Media?», l‘angelo
rispose: «Certo, parecchie volte sono stato là e conosco bene tutte le strade». Quindi gli angeli compiono spesso nei corpi assunti delle operazioni vitali.
4. Parlare è un‘operazione vitale che si compie per mezzo della voce, la quale, al dire del Filosofo [De anima 2, 8], è un suono emesso dalla bocca dell‘animale. Ora, è evidente da molti passi della Scrittura che gli angeli si sono serviti dei corpi assunti per parlare. Quindi gli angeli nei corpi assunti esercitano operazioni vitali.
5. Mangiare è un‘operazione propria dell‘animale: perciò il Signore, come si legge in S. Luca [24, 41 ss.], dopo la risurrezione mangiò con i suoi discepoli, per dimostrare di aver ripreso la vita. Ma gli angeli in certe apparizioni con i corpi assunti mangiarono: leggiamo infatti nella Genesi [18, 2 ss.] che Abramo, dopo aver adorato gli angeli, offrì loro dei cibi. Quindi gli angeli nei corpi assunti compiono operazioni vitali.
6. Generare un uomo è un atto vitale. Ma ciò fecero gli angeli per mezzo dei corpi assunti. Si legge infatti nella Genesi [6, 4]: «C‘erano sulla terra i giganti a quei tempi — e anche dopo —, quando i figli di Dio si univano alle figlie degli uomini e queste partorivano loro dei figli: sono questi gli eroi dell‘antichità, uomini famosi». Quindi gli angeli nei corpi assunti esercitano funzioni vitali. In contrario: I corpi assunti dagli angeli non vivono, come si è visto sopra [a. 1, ad 3]. Quindi gli angeli non possono compiere operazioni vitali nei corpi assunti.
Dimostrazione: Ci sono delle funzioni vitali che hanno delle somiglianze con altre operazioni [di cose inanimate]: parlare, p. es., è una funzione vitale, ma in quanto suono assomiglia ad altri suoni degli esseri inanimati; e così il camminare, in quanto moto, assomiglia ad altri movimenti. Quindi le operazioni vitali possono essere compiute dagli angeli nei corpi assunti per ciò che esse hanno di comune con le operazioni delle realtà inanimate, ma non possono essere compiute in ciò che è proprio degli esseri viventi. Infatti, secondo l‘insegnamento di Aristotele [De somno et vig. 1], «l‘atto può esclusivamente trovarsi nel soggetto in cui si trova la potenza corrispondente»: perciò nessuna cosa può compiere un‘operazione vitale se non possiede la vita, che è il principio potenziale di tale operazione.
Analisi delle obiezioni: 1. Non è contrario alla verità l‘uso della Scrittura di descrivere le realtà spirituali per mezzo di figure desunte dalle realtà sensibili: poiché tali figure non vengono usate allo scopo di far credere che le realtà spirituali siano sensibili, ma solo per farci comprendere certe proprietà delle realtà spirituali per mezzo di figure sensibili, che hanno con quelle una qualche somiglianza. Quindi non è incompatibile con la veracità degli angeli santi il fatto che i corpi da essi assunti sembrino uomini viventi, per quanto in realtà non lo siano. I corpi infatti sono assunti dagli angeli all‘unico scopo di rappresentare, per mezzo delle proprietà e delle operazioni dell‘uomo, le proprietà spirituali degli angeli e le loro operazioni spirituali. Se invece assumessero dei veri uomini, lo scopo suddetto non sarebbe raggiunto in maniera altrettanto conveniente: poiché le proprietà dei corpi assunti non ci farebbero conoscere gli angeli, ma solo degli uomini.
2. La sensazione è un‘operazione del tutto vitale: quindi non si può dire in alcun modo che gli angeli sentono per mezzo degli organi dei corpi assunti. Non ne segue tuttavia che sia superflua la raffigurazione di tali organi. Essi infatti non vengono concessi alla loro figura per servire alla sensazione, ma solo per designare le facoltà spirituali degli angeli. Così, secondo l‘insegnamento di Dionigi [De cael. hier. 15, 3], l‘occhio designa la virtù conoscitiva dell‘angelo, e gli altri organi ne indicano le altre facoltà.
3. Il moto causato da un motore [formalmente] congiunto è una operazione propriamente vitale. Ma i corpi assunti dagli angeli non vengono mossi in questa maniera, poiché gli angeli non ne costituiscono le forme. Quando tuttavia i corpi assunti si muovono, allora anche gli angeli, che si trovano in essi come i motori nei rispettivi corpi mobili, si muovono indirettamente: poiché mentre stanno in un posto non possono essere altrove; il che non può dirsi di Dio. Quindi mentre Dio, che è in ogni luogo, non si sposta anche se si muovono le cose in cui egli si trova, gli angeli invece indirettamente si muovono secondo il moto dei corpi assunti. Non si muovono però secondo il moto dei corpi celesti, sebbene si trovino in questi come motori, poiché i corpi celesti, considerati nella loro totalità, non abbandonano mai il luogo in cui si trovano. Inoltre allo spirito che muove una sfera non viene fissato un luogo corrispondente a un punto determinato della sfera stessa, il quale si troverà ora a oriente e ora a occidente, ma una sede fissa, poiché la virtù motrice si trova sempre a oriente, come dice Aristotele [Phys. 8, 10; cf. De caelo 2, 2].
4. Gli angeli, propriamente, non parlano per mezzo dei corpi assunti, ma causano qualcosa di simile alla parola, producendo nell‘aria dei suoni simili a quelli prodotti dalle voci umane.
5. Anche l‘azione del mangiare, propriamente parlando, non può convenire agli angeli, poiché chi mangia ingerisce del cibo che tende a trasformare nella propria sostanza. Così, quantunque il cibo ingerito dal corpo di Cristo dopo la risurrezione non si sia trasformato nel suo corpo, ma si sia risolto nei primi elementi, tuttavia Cristo aveva un corpo di tale natura che il cibo si sarebbe potuto trasformare in esso: perciò vi fu in quel caso una vera manducazione. Trattandosi invece degli angeli, né il cibo da essi ingerito si trasformava nel corpo assunto, né la natura di questo corpo ammetteva una simile trasformazione. Non si trattava quindi di una vera manducazione, ma piuttosto di una figura della refezione spirituale. Disse infatti l‘angelo Raffaele [Tb 12, 18 s.]: «Quando ero con voi, a voi Pareva di vedermi mangiare, ma io non mangiavo nulla: ciò che vedevate era solo apparenza». — Abramo poi offrì dei cibi agli angeli avendoli scambiati per uomini: ma egli, al dire di S. Agostino [De civ. Dei 16, 29], intendeva così onorare Dio presente nella loro persona «come è presente nei profeti».
6. S. Agostino [De civ. Dei 15, 23] insegna: «Molti hanno costatato, o affermano di aver sentito da quelli che l‘hanno costatato, che i Silvani e i Fauni, detti comunemente incubi, sono stati sovente lascivi con donne e hanno bramato e compiuto l‘accoppiamento: sarebbe perciò poco serio negare questo fatto. Ma i santi angeli di Dio non potevano commettere una tale colpa prima
del diluvio. Per figli di Dio si devono perciò intendere i figli di Set, che erano buoni; la Scrittura invece chiama figlie degli uomini le donne della stirpe di Caino. Né c‘è da meravigliarsi che da essi siano potuti nascere dei giganti: non furono infatti tutti giganti, tuttavia questi furono più numerosi prima che dopo il diluvio». — Qualora però ci fossero dei casi in cui qualcuno venisse generato in seguito a un rapporto con i demoni, ciò non potrebbe avvenire per mezzo del seme formato da essi stessi o dai corpi assunti, ma per mezzo del seme di qualche uomo da essi preso a tale scopo. Uno stesso diavolo, p. es., potrebbe fare da succube rispetto a un uomo e poi divenire incubo rispetto a una donna. Così infatti agiscono i demoni, come dice S. Agostino [De Trin. 3, cc. 8, 9], quando prendono il seme di altre cose per ottenere la generazione di altri esseri. Chi pertanto viene generato in tal modo non è figlio del demonio, bensì di quell‘uomo da cui fu preso il seme.

(Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae)

Se gli angeli possano assumere dei corpi...

1. Origene [Peri Arch. 1, 6] afferma: «L‘esistere senza una sostanza materiale e senz‘alcuna aggiunta corporea è proprio della sola natura di Dio, ossia del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo». — Anche S. Bernardo [In Ct hom. 6] dice: «Attribuiamo soltanto a Dio tanto l‘immaterialità quanto l‘incorporeità: poiché solo la sua natura non ha bisogno né direttamente né indirettamente dell‘aiuto di uno strumento corporeo. È evidente invece che ogni spirito creato ha bisogno dell‘aiuto di un corpo». E S. Agostino [De Gen. ad litt. 3, 10]: «I demoni sono chiamati animali dell‘aria, essendo naturalmente dotati di corpi aerei». Ma la natura del demonio è identica a quella dell‘angelo. Quindi gli angeli sono uniti naturalmente a dei corpi.
 2. S. Gregorio [In Evang. hom. 10] chiama l‘angelo «animale razionale». Ma ogni animale è composto di corpo e di anima. Quindi gli angeli sono naturalmente uniti a dei corpi.
3. La vita degli angeli è più perfetta di quella delle anime. Ma l‘anima non soltanto vive, ma vivifica altresì il corpo. Quindi anche gli angeli vivificano dei corpi ad essi congiunti. In contrario: Dionigi [De div. nom. 4] afferma che gli angeli sono concepiti «come esseri incorporei».
Dimostrazione: Gli angeli non possono essere uniti naturalmente a dei corpi. Infatti ciò che conviene a una natura accidentalmente non si trova universalmente nella natura stessa. Come avere le ali, non essendo una caratteristica essenziale dell‘animale, non appartiene a tutti gli animali. Ora, poiché l‘intendere, come vedremo [q. 75, a. 2], non è un‘operazione del corpo né di alcuna facoltà corporea, la sostanza intellettiva, in quanto tale, non richiede essenzialmente di essere unita a un corpo; ma ciò può capitare a qualche sostanza intellettiva per altri motivi. All‘anima umana, p. es., si addice di essere unita al corpo poiché è imperfetta, ossia in potenza, in quanto sostanza intellettiva: essa infatti, come vedremo in seguito [q. 84, a. 6; q. 89, a. 1], non possiede per natura la pienezza della conoscenza, ma deve acquistarla dalle realtà sensibili per mezzo dei sensi corporei. Ora, se si trova in un dato genere alcunché di imperfetto, bisogna che preesista un modello perfetto di quello stesso genere. Vi saranno quindi delle sostanze intellettive, perfette quanto alla loro natura intellettiva, che non hanno bisogno di ricavare la loro conoscenza dalle realtà sensibili. Quindi non tutte le sostanze intelligenti sono unite a dei corpi, ma ne esistono alcune del tutto separate. E sono appunto quelle che noi chiamiamo angeli.
Analisi delle obiezioni: 1. Come già dicemmo [q. 50, a. 1], alcuni opinarono che ogni ente fosse corporeo. Altri poi, partendo, a quanto Pare, da questo presupposto, pensarono che non ci potesse essere alcuna sostanza incorporea separata dal corpo; alcuni, anzi, giunsero fino ad affermare che Dio sarebbe l‘anima del mondo, come riferisce S. Agostino [De civ. Dei 7, 6]. Ma siccome quest‘ultima opinione è incompatibile con la fede cattolica, secondo la quale Dio si innalza al disopra di tutte le cose («Sopra i cieli si innalza la tua magnificenza», dice il Salmo [8, 2]), Origene non volle affermare ciò di Dio, ma sostenne tale dottrina quanto alle altre sostanze intellettive. Ma in questo,
come in molti altri punti, egli si ingannò, seguendo le opinioni degli antichi filosofi. — Quanto poi al passo di S. Bernardo, lo si può interpretare nel senso che gli spiriti hanno bisogno di uno strumento corporeo che, senza essere loro naturalmente unito, venga da essi usato per qualche scopo particolare, come diremo in seguito [a. 2]. — S. Agostino infine non espone il suo pensiero, ma riferisce l‘opinione dei Platonici, i quali ammettevano l‘esistenza di certi animali composti di aria, che chiamavano dèmoni.
2. S. Gregorio chiama l‘angelo animale razionale in senso metaforico, per la somiglianza [che il suo intelletto ha] con la ragione.
3. Vivificare come causa efficiente della vita è una perfezione pura, e quindi conviene anche a Dio, secondo il detto della Scrittura [1 Sam 2, 6]: «Il Signore fa morire e fa vivere». Al contrario vivificare come causa formale della vita è proprio di quelle sostanze che non hanno in sé tutta la natura di una specie, ma che di essa fanno soltanto parte. Quindi la sostanza intellettiva che non è unita a un corpo è più perfetta di quella che è ad esso congiunta.

(Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae)

Berlusconi è stato un leader democratico che in diciotto anni ha trasformato un grande Paese sulla scena mondiale. E che milioni di italiani rimpiangeranno.

Non dico si debbano tributare onori divini, l’apoteosi del diritto romano, a Berlusco­ni: sarebbe il primo a riderne. Oltretutto giusto ieri ha dato la sua interpretazione del ritiro: mi ritiro, cioè no. Grandioso e surreale. 
Ma comun­que vadano le cose, la damnatio memoriae ,con abolizione del nome per generazioni e sfregio del silenzio coatto imposto anche solo al suo ricordo, questo è un po’ troppo per un leader democratico che ha tra­sformato un grande Paese in di­ciotto anni di vita pubblica sulla scena europea e mondiale. La grottesca condanna per i diritti te­levisivi subito seguita alla sobria e molto onorevole uscita di sce­na del Cav, figura che milioni di italiani sono pronti a rimpiange­re, punta proprio a questo, fa da battistrada a questo progetto: è un atto simbolico, come tutti san­no, corredato di immediate moti­vazioni pronte all’uso, ma desti­nato alla cancellazione da parte della Corte costituzionale o alla prescrizione ultrasicura. Insom­ma è solo un modo della giusti­zia di rito ambrosiano di riconfer­mare che ci sono anche loro nel giorno fatale, e il loro contributo è di trasformare in un abominevo­le reo l’Arcinemi­co, il mitico froda­tore fiscale che nella realtà paga più tasse di un Creso.
Berlusconi ha preso la guida del­l’Italia tre volte grazie a libere ele­zioni, l’ha persa per due volte gra­zie a un ribaltone e a una manovra di palazzo aiutate e in certo senso anche obbligate dal circo mediati­co- giudiziario, l’ultima delle qua­li lo ha avuto sog­getto responsabi­le e consenziente un anno fa. (Le sue colpe politi­che nel procurarsi la difficile con­giuntura in cui è caduto non tol­gono il fatto di principio: gli italia­ni lo hanno eletto e il mandato gli è stato sempre revocato dagli ot­timati del partito senatorio e fi­nanziario, non dagli elettori.) Portiamoci avanti con il lavo­ro, nel tentativo di impedire l’al­lestimento in corso dell’avvilen­te messinscena: la «caduta di un grande criminale». Questo co­pione plateale è presupposto tri­ste e necessario dell’eliminazio­ne censoria della vera storia del berlusconismo dai radar dell’in­telligenza italiana; dovere politi­co e civile anticipare un lavoro che ha anche un valore decisivo per chi riuscirà, se ci riesce, a co­st­ruire qualcosa che rivesta un si­gnificato profondo al posto della leadership di Berlusconi, oggi nel ruolo di memoria e ispirazio­ne ( spero e credo rivestiti con l’al­legria non intrusiva già promes­sa).La parte spiccatamente giudi­ziaria è chiara. Il processo Ruby naufraga nel grottesco dell’in­quisizione talebana e guardona. Le risposte della signora Karima El Marough alla trasmissione di Michele Santoro fanno testo per­ché sono limpide e spontanee nel tratto. Berlusconi è persona corretta, ridanciana, amante del trastullo burlesco, ospitale, pri­vata nel suo modo di divertirsi, ma corretta, niente di predato­rio e di umiliante per le donne e per il loro retoricamente sban­dierato «corpo», perfettamente e gioiosamente violabile se in re­gime di adulti consenzienti e in­vece inviolabile alle propalazio­ni bacchettone di una magistra­tura in fregola di politica & etica al servizio di oscuri pregiudizi, con qualche abbondante e inde­cente aiutino mediatico. La con­cussione fa ridere tutto il mondo del diritto, perfino i persecutori. Una condanna in simile proces­so sarebbe il timbro finale di una persecuzione che solo la cecità faziosa dell’inimicizia politica consente di non vedere e giudica­re in tutto il suo orrore civile. Sim­bolo e gogna da aggiungere al simbolismo inutile, per suffra­garlo e rafforzarlo, della senten­za del giudice D’Avossa. Insom­ma, giustizia sommaria.Poi c’è la parte politica, civile. Berlusconi è stato potentissimo, ora merita la polvere. Buffonata. Tutti conoscono i limiti bestiali in cui opera un presidente del Consiglio italiano (basta guarda­re al trattamento elettoralistico che stanno facendo a Mario Mon­ti, già mezzo paralizzato e sfregia­to da campagne incivili, o alle cat­tive figure rimediate da Romano Prodi o da Massimo D’Alema). La forza elettorale è stata ben controbilanciata dalle fughe par­lam­entari ricorrenti e dal ribalto­nismo, malattie senili delle Re­pubbliche malate. Berlusconi ha fallito, dicono. Ma che vuol di­re? Ci ha dato un paesaggio di pa­role e cose di legno totalmente trasformato in emozioni e spon­taneità vivente, ha incarnato il maggioritario, ha dato potere al popolo che sceglie chi governa, ha tenuto a freno per anni la rapa­cità dello Stato, non ha smantel­lato il welfare ma ha fatto le gran­di riforme delle pensioni e del la­voro prima della Fornero, e in­somma, se di fallimento dell’eco­nomia e della finanza vogliamo parlare, parliamone: ma vedrete che è pieno di cause, di fattori di spinta, di remore e pigrizie, e di imputati potenziali che vengo­no nella lista quasi tutti prima di Berlusconi. Poi dire che il suo progetto ha declinato, questo è vero e Berlusconi è il primo a sa­perlo.Il tempo si prende cura di ridi­mensionare sogni e progetti, ma questo non autorizza i nani a de­cretare la damnatio memoriae , sotto la coltre censoria di un seg­mento di storia che si spera di consegnare prigioniero ai pre­sunti vincitori, ovvero la cancel­lazione legale della robustezza e anche della grandezza di un’esperienza politica unica al mondo.E ricordiamoci che abbiamo scelto Israele e gli Stati Uniti nel fuoco della battaglia, che Berlu­sconi è stato dalla parte giusta nei momenti cruciali delle gran­di sfide occidentali, e che ancora oggi l’Italia non è una sentina del­la secolarizzazione giacobina, una ridicola Repubblica ideolo­gicamente corretta, anche per merito suo. Chapeau e buon lavo­ro.
(Giuliano Ferrara, 28/10/2012)

Destino glorioso dei giusti e punizione degli empi...

I giusti al contrario vivono per sempre,
la loro ricompensa è presso il Signore
e l'Altissimo ha cura di loro.
Per questo riceveranno una magnifica corona regale,
un bel diadema dalla mano del Signore,
perché li proteggerà con la destra,
con il braccio farà loro da scudo.
Egli prenderà per armatura il suo zelo
e armerà il creato per castigare i nemici;
indosserà la giustizia come corazza
e si metterà come elmo un giudizio infallibile;
prenderà come scudo una santità inespugnabile;
affilerà la sua collera inesorabile come spada
e il mondo combatterà con lui contro gli insensati.
Scoccheranno gli infallibili dardi dei fulmini,
e come da un arco ben teso,
dalle nubi, colpiranno il bersaglio;
dalla fionda saranno scagliati
chicchi di grandine colmi di sdegno.
Infurierà contro di loro l'acqua del mare
e i fiumi li sommergeranno senza pietà.
Si scatenerà contro di loro un vento impetuoso,
li disperderà come un uragano.
L'iniquità renderà deserta tutta la terra
e la malvagità rovescerà i troni dei potenti.

Gli empi compaiono in giudizio...

Si presenteranno tremanti al rendiconto dei loro peccati;
le loro iniquità si alzeranno contro di essi
per accusarli.
Allora il giusto starà con grande fiducia
di fronte a quanti lo hanno oppresso
e a quanti han disprezzato le sue sofferenze.
Costoro vedendolo saran presi da terribile spavento,
saran presi da stupore per la sua salvezza inattesa.
Pentiti, diranno fra di loro,
gemendo nello spirito tormentato:
«Ecco colui che noi una volta abbiamo deriso
e che stolti abbiam preso a bersaglio del nostro scherno;
giudicammo la sua vita una pazzia
e la sua morte disonorevole.
Perché ora è considerato tra i figli di Dio
e condivide la sorte dei santi?
Abbiamo dunque deviato dal cammino della verità;
la luce della giustizia non è brillata per noi,
né mai per noi si è alzato il sole.
Ci siamo saziati nelle vie del male e della perdizione;
abbiamo percorso deserti impraticabili,
ma non abbiamo conosciuto la via del Signore.
Che cosa ci ha giovato la nostra superbia?
Che cosa ci ha portato la ricchezza con la spavalderia?
Tutto questo è passato come ombra
e come notizia fugace,
come una nave che solca l'onda agitata,
del cui passaggio non si può trovare traccia,
né scia della sua carena sui flutti;
oppure come un uccello che vola per l'aria
e non si trova alcun segno della sua corsa,
poiché l'aria leggera, percossa dal tocco delle penne
e divisa dall'impeto vigoroso,
è attraversata dalle ali in movimento,
ma dopo non si trova segno del suo passaggio;
o come quando, scoccata una freccia al bersaglio,
l'aria si divide e ritorna subito su se stessa
e così non si può distinguere il suo tragitto:
così anche noi, appena nati, siamo gia scomparsi,
non abbiamo avuto alcun segno di virtù da mostrare;
siamo stati consumati nella nostra malvagità».
La speranza dell'empio è come pula portata dal vento,
come schiuma leggera sospinta dalla tempesta,
come fumo dal vento è dispersa,
si dilegua come il ricordo dell'ospite di un sol giorno.

La morte prematura del giusto...

Il giusto, anche se muore prematuramente, troverà riposo.
Vecchiaia veneranda non è la longevità,
né si calcola dal numero degli anni;
ma la canizie per gli uomini sta nella sapienza;
e un'età senile è una vita senza macchia.
Divenuto caro a Dio, fu amato da lui
e poiché viveva fra peccatori, fu trasferito.
Fu rapito, perché la malizia non ne mutasse i sentimenti
o l'inganno non ne traviasse l'animo,
poiché il fascino del vizio deturpa anche il bene
e il turbine della passione travolge una mente semplice.
Giunto in breve alla perfezione,
ha compiuto una lunga carriera.
La sua anima fu gradita al Signore;
perciò egli lo tolse in fretta da un ambiente malvagio.
I popoli vedono senza comprendere;
non riflettono nella mente a questo fatto
che la grazia e la misericordia sono per i suoi eletti
e la protezione per i suoi santi.
Il giusto defunto condanna gli empi ancora in vita;
una giovinezza, giunta in breve alla perfezione,
condanna la lunga vecchiaia dell'ingiusto.
Le folle vedranno la fine del saggio,
ma non capiranno ciò che Dio ha deciso a suo riguardo
né in vista di che cosa il Signore l'ha posto al sicuro.
Vedranno e disprezzeranno,
ma il Signore li deriderà.

 Infine diventeranno un cadavere spregevole,
oggetto di scherno fra i morti per sempre.
Dio infatti li precipiterà muti, a capofitto,
e li schianterà dalle fondamenta;
saranno del tutto rovinati,
si troveranno tra dolori
e il loro ricordo perirà. 


L'uomo si interroga, alcune volte, su questioni già risolte...
Basta cercarle!!!

sabato 27 ottobre 2012

La vita secondo gli empi...

[16]Gli empi invocano su di sé la morte
con gesti e con parole,
ritenendola amica si consumano per essa
e con essa concludono alleanza,
perché son degni di appartenerle.
[1]Dicono fra loro sragionando:
«La nostra vita è breve e triste;
non c'è rimedio, quando l'uomo muore,
e non si conosce nessuno che liberi dagli inferi.
[2]Siamo nati per caso
e dopo saremo come se non fossimo stati.
E' un fumo il soffio delle nostre narici,
il pensiero è una scintilla
nel palpito del nostro cuore.
[3]Una volta spentasi questa, il corpo diventerà cenere
e lo spirito si dissiperà come aria leggera.
[4]Il nostro nome sarà dimenticato con il tempo
e nessuno si ricorderà delle nostre opere.
La nostra vita passerà come le tracce di una nube,
si disperderà come nebbia
scacciata dai raggi del sole
e disciolta dal calore.
[5]La nostra esistenza è il passare di un'ombra
e non c'è ritorno alla nostra morte,
poiché il sigillo è posto e nessuno torna indietro.
[6]Su, godiamoci i beni presenti,
facciamo uso delle creature con ardore giovanile!
[7]Inebriamoci di vino squisito e di profumi,
non lasciamoci sfuggire il fiore della primavera,
[8]coroniamoci di boccioli di rose prima che avvizziscano;
[9]nessuno di noi manchi alla nostra intemperanza.
Lasciamo dovunque i segni della nostra gioia
perché questo ci spetta, questa è la nostra parte.
[10]Spadroneggiamo sul giusto povero,
non risparmiamo le vedove,
nessun riguardo per la canizie ricca d'anni del vecchio.
[11]La nostra forza sia regola della giustizia,
perché la debolezza risulta inutile.
[12]Tendiamo insidie al giusto, perché ci è di imbarazzo
ed è contrario alle nostre azioni;
ci rimprovera le trasgressioni della legge
e ci rinfaccia le mancanze
contro l'educazione da noi ricevuta.
[13]Proclama di possedere la conoscenza di Dio
e si dichiara figlio del Signore.
[14]E' diventato per noi una condanna dei nostri sentimenti;
ci è insopportabile solo al vederlo,
[15]perché la sua vita è diversa da quella degli altri,
e del tutto diverse sono le sue strade.
[16]Moneta falsa siam da lui considerati,
schiva le nostre abitudini come immondezze.
Proclama beata la fine dei giusti
e si vanta di aver Dio per padre.
[17]Vediamo se le sue parole sono vere;
proviamo ciò che gli accadrà alla fine.
[18]Se il giusto è figlio di Dio, egli l'assisterà,
e lo libererà dalle mani dei suoi avversari.
[19]Mettiamolo alla prova con insulti e tormenti,
per conoscere la mitezza del suo carattere
e saggiare la sua rassegnazione.
[20]Condanniamolo a una morte infame,
perché secondo le sue parole il soccorso gli verrà».

Errore degli empi

[21]La pensano così, ma si sbagliano;
la loro malizia li ha accecati.
[22]Non conoscono i segreti di Dio;
non sperano salario per la santità
né credono alla ricompensa delle anime pure.
[23]Sì, Dio ha creato l'uomo per l'immortalità;
lo fece a immagine della propria natura.
[24]Ma la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo;
e ne fanno esperienza coloro che gli appartengono.

venerdì 19 ottobre 2012

Se vi sia un gran numero di angeli...


Pare che non vi sia un gran numero di angeli. Infatti:
 1. Il numero è una specie della quantità, e risulta dalla divisione di ciò che ha estensione. Ma l‘estensione non può aver luogo negli angeli poiché, come si è dimostrato sopra [a. 1], essi sono incorporei. Quindi non vi può essere un gran numero di angeli.
 2. Quanto più una realtà è vicina all‘unità, tanto meno viene moltiplicata, come appare manifestamente nella serie dei numeri. Ma fra tutte le altre nature create la natura angelica è la più vicina a Dio. Essendo quindi Dio sommamente uno, Pare che nella natura angelica la pluralità debba essere ridotta al minimo.
3. Pare che l‘effetto proprio delle sostanze angeliche sia il moto dei corpi celesti. Ma i movimenti dei corpi celesti si riducono a un piccolo numero ben determinato, che noi possiamo conoscere. Quindi il numero degli angeli non è superiore a quello dei moti dei corpi celesti.
4. Dice Dionigi [De div. nom. 4] che «tutte le sostanze intelligibili e intellettuali devono la sussistenza ai raggi della bontà divina». Ma il raggio si moltiplica in ragione della diversità dei soggetti che lo ricevono. D‘altra parte non si può dire che la materia sia un soggetto ricettivo del raggio intelligibile, poiché si è dimostrato [a. 2] che le sostanze intellettuali sono immateriali. Pare quindi che la moltiplicazione delle sostanze intellettuali dipenda unicamente dalle esigenze dei primi corpi, cioè di quelli celesti, di modo che ad essi termina, indirettamente, l‘emanazione dei suddetti raggi. Quindi abbiamo la conclusione precedente. In contrario: Si legge nella Scrittura [Dn 7, 10]: «Mille migliaia lo servivano e diecimila miriadi lo assistevano». Dimostrazione: Nello stabilire il numero delle sostanze separate i vari autori procedettero per vie diverse. Secondo Platone [Phaed. 49; Parmen. 6] le sostanze separate sono le specie delle realtà sensibili: come se dicessimo che la natura umana esiste allo stato separato. Stando dunque a questa sentenza bisognerebbe concludere che il numero delle sostanze separate corrisponde al numero delle specie delle realtà sensibili. — Ma Aristotele [Met. 1, 9] rigetta tale opinione, per la ragione che la materia è parte essenziale della specie di queste realtà sensibili. Le sostanze separate non possono quindi esserne le specie prototipe, ma hanno una natura superiore ad esse. Aristotele ritiene tuttavia [ib. 12, 8] che quelle nature più perfette siano ordinate alle realtà visibili come loro cause motrici e finali, per cui cerca di stabilire il numero delle sostanze separate in base al numero dei primi moti. Ma poiché tale sentenza è in contrasto con la Sacra Scrittura, l‘ebreo Mosè Maimonide, volendo trovare un accordo fra l‘una e l‘altra, affermò [Dux neutr. 2, cc. 4, 6] che il numero degli angeli, se si intendono con questo nome le sostanze immateriali, corrisponde al numero dei corpi celesti, come insegna Aristotele. D‘altra parte però, per salvare la Sacra Scrittura, sostenne che nei libri sacri sono chiamati angeli tanto gli uomini che annunziano messaggi divini, quanto le forze della natura che manifestano l‘onnipotenza di Dio. — Ma in realtà la Scrittura non suole affatto dare il nome di angeli alle forze cieche della natura.
Si deve quindi affermare che anche gli angeli propriamente detti, ossia le sostanze immateriali, superano per il loro numero ingentissimo qualunque moltitudine materiale. E questa è la sentenza di Dionigi [De cael. hier. 14, 1], il quale afferma: «Gli eserciti beati delle menti celesti sono numerosi, e trascendono la debole e ristretta misura dei nostri numeri materiali». E la ragione di questo fatto sta in ciò: che Dio nella creazione delle cose ha di mira principalmente la perfezione dell‘universo, di modo che quanto più gli esseri sono perfetti, tanto più grande è il numero in cui furono creati da Dio. Ora, come nei corpi si misura la preminenza degli uni rispetto agli altri in ragione della grandezza, così nelle realtà incorporee si può valutare la superiorità reciproca in rapporto al numero. Noi vediamo infatti che i corpi incorruttibili, che sono fra tutti i corpi i più perfetti, sorpassano quasi incomparabilmente per la loro grandezza i corpi corruttibili, poiché la sfera dei corpi corruttibili è ben poca cosa a confronto dei corpi celesti. È dunque ragionevole che le sostanze immateriali superino quasi incomparabilmente, per il loro numero, le sostanze materiali. Analisi delle obiezioni: 1. Negli angeli non esiste quella specie del numero che è causata dalla divisione del continuo, ossia la quantità aritmetica; vi è però il numero causato dalla distinzione delle forme, da cui risulta la molteplicità propria dei trascendentali, come si è detto sopra [q. 30, a. 3].
2. La natura angelica, a motivo della sua vicinanza con Dio, deve avere il minimo di complessità nella sua costituzione, ma non richiede affatto di trovarsi in pochi individui.
3. L‘argomento è di Aristotele [Met. 12, 8]. E la conclusione a cui esso giunge sarebbe necessaria se le sostanze separate esistessero solo in funzione delle sostanze corporee. In tal caso infatti sarebbero inutili quelle sostanze immateriali da cui non fosse causato alcun movimento nelle realtà corporee. Ma non è affatto vero che le sostanze immateriali esistono in funzione di quelle corporee: il fine è infatti sempre più nobile di ciò che ad esso è ordinato come mezzo. Per cui anche Aristotele osserva che l‘argomento non è apodittico, ma soltanto probabile. D‘altra parte egli dovette forzatamente servirsi di tale argomento, non potendo noi giungere a conoscere le realtà intelligibili se non attraverso quelle sensibili.
4. L‘argomento si fonda sulla sentenza di coloro che assegnavano la materia come unica causa della distinzione delle cose. Ma tale sentenza l‘abbiamo già confutata [q. 47, a. 1]. Per cui la moltiplicazione degli angeli non è fondata né sulla materia, né sui corpi, ma è originata dalla sapienza divina, che ha ideato più ordini di sostanze immateriali.

(Tommaso d'Aquino)

giovedì 18 ottobre 2012

Cercare Dio e fuggire il peccato...

Amate la giustizia, voi che governate sulla terra,
rettamente pensate del Signore,
cercatelo con cuore semplice.
[2]Egli infatti si lascia trovare da quanti non lo tentano,
si mostra a coloro che non ricusano di credere in lui.
[3]I ragionamenti tortuosi allontanano da Dio;
l'onnipotenza, messa alla prova, caccia gli stolti.
[4]La sapienza non entra in un'anima che opera il male
né abita in un corpo schiavo del peccato.
[5]Il santo spirito che ammaestra rifugge dalla finzione,
se ne sta lontano dai discorsi insensati,
è cacciato al sopraggiungere dell'ingiustizia.
[6]La sapienza è uno spirito amico degli uomini;
ma non lascerà impunito chi insulta con le labbra,
perché Dio è testimone dei suoi sentimenti
e osservatore verace del suo cuore
e ascolta le parole della sua bocca.
[7]Difatti lo spirito del Signore riempie l'universo
e, abbracciando ogni cosa, conosce ogni voce.
[8]Per questo non gli sfuggirà chi proferisce cose ingiuste,
la giustizia vendicatrice non lo risparmierà.
[9]Si indagherà infatti sui propositi dell'empio,
il suono delle sue parole giungerà fino al Signore
a condanna delle sue iniquità;
[10]poiché un orecchio geloso ascolta ogni cosa,
perfino il sussurro delle mormorazioni
non gli resta segreto.
[11]Guardatevi pertanto da un vano mormorare,
preservate la lingua dalla maldicenza,
perché neppure una parola segreta sarà senza effetto,
una bocca menzognera uccide l'anima.
[12]Non provocate la morte con gli errori della vostra vita,
non attiratevi la rovina con le opere delle vostre mani,
[13]perché Dio non ha creato la morte
e non gode per la rovina dei viventi.
[14]Egli infatti ha creato tutto per l'esistenza;
le creature del mondo sono sane,
in esse non c'è veleno di morte,
né gli inferi regnano sulla terra,
[15]perché la giustizia è immortale.

Libro della sapienza

sabato 13 ottobre 2012

Se il male si trovi nelle cose...


La perfezione dell‘universo, come si è già detto, esige che nelle cose vi siano delle disuguaglianze, affinché si attuino tutte le gradazioni della bontà. Vi è dunque un primo grado di bontà secondo il quale una data cosa è così buona da non poter mai avere deficienze. Vi è poi un secondo grado di bontà per cui una cosa è buona, in maniera però da poter avere deficienze nel bene. E queste disuguaglianze si riscontrano anche nell‘essere:
infatti ci sono delle cose che non possono perdere il proprio essere, come le realtà incorporee, e ce ne sono altre che lo possono perdere, come le realtà materiali. Ora, come la perfezione dell‘universo richiede che ci siano enti non solo incorruttibili, ma anche corruttibili, così quella stessa perfezione richiede che ci siano delle cose che possono subire deficienze nel bene; e da ciò deriva che di fatto alcune deficienze si verifichino. Ora, in questo appunto consiste l‘essenza del male, cioè nel fatto che una cosa subisce una deficienza di bene. È chiaro quindi che il male si trova nelle cose come [vi si trova] la corruzione: infatti la stessa corruzione non è che uno dei tanti mali.
(Tommaso d'Aquino)

Se esista un mondo solo...

L‘ordine stesso esistente nelle cose create da Dio manifesta l‘unità del mondo. Infatti si afferma che questo mondo è unico per un‘unità di ordine, data la coordinazione esistente tra gli uni e gli altri esseri. E realmente tutte le cose che derivano da Dio dicono ordine le une alle altre, e a Dio stesso. Quindi è necessario che tutte le cose appartengano a un unico mondo. — E per questo motivo poterono ammettere una pluralità di mondi soltanto coloro che non ritenevano come causa del mondo una qualche sapienza ordinatrice, ma il caso; come Democrito, il quale affermò che dalla combinazione degli atomi erano stati prodotti questo e altri infiniti mondi.
( Tommaso d'Aquino)