venerdì 29 marzo 2013

Il soffrire per noi...

"La sofferenza di Gesù è una passione messiniaca - un soffrire in comune con noi, per noi ; un essere-con che deriva dall'amore e così già porta in sé la rendenzione, la vittoria dell'amore."
(Benedetto XVI, Gesù di Nazaret)


Chi avrebbe creduto alla nostra rivelazione?
A chi sarebbe stato manifestato il braccio del Signore?
È cresciuto come un virgulto davanti a lui
e come una radice in terra arida.
Non ha apparenza né bellezza
per attirare i nostri sguardi,
non splendore per provare in lui diletto.
Disprezzato e reietto dagli uomini,
uomo dei dolori che ben conosce il patire,
come uno davanti al quale ci si copre la faccia,
era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.
Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze,
si è addossato i nostri dolori
e noi lo giudicavamo castigato,
percosso da Dio e umiliato.
Egli è stato trafitto per i nostri delitti,
schiacciato per le nostre iniquità.
Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui;
per le sue piaghe noi siamo stati guariti.
Noi tutti eravamo sperduti come un gregge,
ognuno di noi seguiva la sua strada;
il Signore fece ricadere su di lui
l'iniquità di noi tutti.
Maltrattato, si lasciò umiliare
e non aprì la sua bocca;
era come agnello condotto al macello,
come pecora muta di fronte ai suoi tosatori,
e non aprì la sua bocca.
Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo;
chi si affligge per la sua sorte?
Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi,
per l'iniquità del mio popolo fu percosso a morte.
Gli si diede sepoltura con gli empi,
con il ricco fu il suo tumulo,
sebbene non avesse commesso violenza
né vi fosse inganno nella sua bocca.
Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori.
Quando offrirà se stesso in espiazione,
vedrà una discendenza, vivrà a lungo,
si compirà per mezzo suo la volontà del Signore.
Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce
e si sazierà della sua conoscenza;
il giusto mio servo giustificherà molti,
egli si addosserà la loro iniquità.
Perciò io gli darò in premio le moltitudini,
dei potenti egli farà bottino,
perché ha consegnato se stesso alla morte
ed è stato annoverato fra gli empi,
mentre egli portava il peccato di molti
e intercedeva per i peccatori.

(Isaia, 53)

lunedì 25 marzo 2013

In nessun caso è giusto nuocere a nessuno...

Studiando il Libro I della Repubblica di Platone...
Riflettendo sul concetto di "giusto"...

Riporto una breve parte del dialogo:

Socrate: " È dunque proprio dell'uomo giusto nuocere a un altro chiunque egli sia?"
Polemarco: " Senz'altro perché si deve nuocere tanto ai cattivi quanto ai nemici."
Socrate: " I cavalli cui si è nuociuto diventano migliori o peggiori?"
Polemarco: "Peggiori"
Socrate: " In rapporto alla qualità dei cani o a quella dei cavalli."
Polemarco: " A quella dei cavalli."
Socrate: "Dunque anche i cani cui si è nuociuto peggiorano rispetto alla qualità dei cani, non a quella dei cavalli?."
Polemarco:" È necessario."
Socrate: " E degli uomini cui si è nuociuto diremo che peggiorano rispetto alla loro qualità umana?"
Polemarco: " Certo"
Socrate: " Ma la giustizia non è una qualità umana?"
Polemarco: " Anche questo è necessario"
Socrate: " E allora gli uomini cui si è nuociuto è necessario che diventino più ingiusti"
Polemarco: " Sembra"
Socrate: " Dunque con la musica i musicisti possono rendere ignoranti di musica?"
Polemarco: " Impossibile"
Socrate: " E con l'ippica i cavalieri possono rendere incapaci di cavalcare?"
Polemarco: " Non esiste"
Socrate : " Ma con la giustizia i giusti rendono ingiusti? O in generale con la virtù i buoni rendono cattivi?
Polemarco: " Ma è impossibile"
Socrate: " Non è infatti funzione del calore raffreddare, credo, ma il contrario."
Polemarco: "Sì"
Socrate: " Né della secchezza umidificare, ma il contrario"
Polemarco: " Certo"
Socrate: " Né del buono nuocere, ma il contrario"
Polemarco: "A quanto pare"
Socrate: " E il giusto è buono?"
Polemarco: " Certo"
Socrate: " Dunque non è funzione del giusto quella di nuocere, Polemarco, né a un amico né a chiunque altro, ma del suo contrario, l'ingiusto"
Polemarco: " Mi sembra che tu dica assolutamente la verità Socrate"
Socrate: " Se dunque qualcuno sostiene che è giusto rendere a ciascuno ciò che gli è dovuto, ma pensa con ciò che da parte dell'uomo giusto si tratti di render danno ai nemici e benefici agli amici- non sarebbe sapiente chi dice queste cose, perché non direbbe il vero. Ci apparve infatti che in nessun caso è giusto nuocere a nessuno"

Anche la giustizia è una sola applicata alla verità! All'unica verità, certezza delle genti.

giovedì 21 marzo 2013

La verità è una ed assoluta!

" Se il progresso per essere progresso ha bisogno della crescita morale dell'umanità, allora la ragione del potere e del fare deve altrettanto urgentemente essere integrata mediante l'apertura della ragione alle forze salvifiche della fede, al discernimento tra bene e male. Solo così diventa una ragione veramente umana. Diventa umana solo se è in grado di indicare la strada alla volontà, e di questo è capace solo se guarda oltre se stessa. In caso contrario la situazione dell'uomo, nello squilibrio tra capacità materiale e mancanza di giudizio del cuore, diventa una minaccia per lui e per il creato."
( Benedetto XVI, Spe Salvi)

Nell'enciclica Spe Salvi, Benedetto XVI fece una dura critica al relativismo. Anche il mito della caverna descritto da Platone nella Repubblica, benché in modo singolare e ben diverso , può evocare una funzione critica nei confronti del relativismo.
In un'introduzione del testo platonico si legge:

L'interesse centrale di Platone consiste i nel tracciare un possibile itinerario di liberazione dell'anima dai vincoli mondani, che da un lato la rinchiudono nell'ambito di una conoscenza solo sensoriale e dei relativi saperi empirici, dall'altro la costringono all'accettazione passiva del sistema delle doxai, dei valori e modelli normativi imposti nell'ambiente sociale. L'educazione può condurre l'anima verso forme di conoscenze più elevate, vere e stabili!

La verità è una ed assoluta! E chi guarda alla verità deve camminare con essa, edificarla e confessarla!

mercoledì 20 marzo 2013

FRANCESCO A TESTA IN GIU'...

Il simbolo del capovolgimento è reale. Se uno ha visto il mondo capovolto, con tutti gli alberi e le torri appesi all'in giù come quando si specchiano in uno stagno, un possibile risultato sarebbe di mettere l'accento sul concetto di dipendenza. La correlazione è latina e letteraria; infatti il termine "dipendente" propriamente significa "appeso". Darebbe vita al testo delle Scritture in cui si dice che Dio ha appeso il mondo sul nulla. Se in uno dei suoi strani sogni san Francesco avesse visto la città di Assisi capovolta, sarebbe stata perfettamente uguale a se stessa, tranne che per il fatto di essere capovolta. Ma il punto è questo: mentre a un occhio normale la possanza delle sue mura, le massicce fondamenta delle sue torri d'osservazione e la sua fortezza l'avrebbero fatta sembrare ancora più sicura e più stabile, nel momento in cui la si capovolge il suo peso stesso la farebbe sembrare più indifesa e più esposta al pericolo. Non è altro che un simbolo, ma si dà il caso che si adatti alla realtà psicologica. San Francesco avrebbe potuto amare la sua cittadina quanto l'amava prima, o forse anche di più; ma pur amandola di più, l'essenza del suo amore sarebbe stata diversa. Avrebbe potuto vedere e amare ogni tegola dei tetti spioventi e ogni uccello posato sui bastioni, ma li avrebbe visti in una prospettiva nuova e soprannaturale di costante pericolo e dipendenza. Invece di essere semplicemente fiero della sua città perché forte e salda, avrebbe ringraziato Dio onnipotente perché non l'aveva lasciata cadere, avrebbe ringraziato Dio perché non lasciava cadere l'intero cosmo come un vaso di cristallo che si infrangesse in una miriade di stelle cadenti. Forse è così che San Pietro aveva visto il mondo quando fu crocifisso a testa in giù.

(Gilbert K. Chesterton, San Francesco d'Assisi, edito in Italia da Lindau)

venerdì 15 marzo 2013

Camminare, edificare, confessare...


14 Marzo 2013
Santa Messa con i cardinali

In queste tre Letture vedo che c’è qualcosa di comune: è il movimento. Nella Prima Lettura il movimento nel cammino; nella Seconda Lettura, il movimento nell’edificazione della Chiesa; nella terza, nel Vangelo, il movimento nella confessione. Camminare, edificare, confessare.

Camminare. «Casa di Giacobbe, venite, camminiamo nella luce del Signore» (Is 2,5). Questa è la prima cosa che Dio ha detto ad Abramo: Cammina nella mia presenza e sii irreprensibile. Camminare: la nostra vita è un cammino e quando ci fermiamo, la cosa non va. Camminare sempre, in presenza del Signore, alla luce del Signore, cercando di vivere con quella irreprensibilità che Dio chiedeva ad Abramo, nella sua promessa.

Edificare. Edificare la Chiesa. Si parla di pietre: le pietre hanno consistenza; ma pietre vive, pietre unte dallo Spirito Santo. Edificare la Chiesa, la Sposa di Cristo, su quella pietra angolare che è lo stesso Signore. Ecco un altro movimento della nostra vita: edificare.

Terzo, confessare. Noi possiamo camminare quanto vogliamo, noi possiamo edificare tante cose, ma se non confessiamo Gesù Cristo, la cosa non va. Diventeremo una ONG assistenziale, ma non la Chiesa, Sposa del Signore. Quando non si cammina, ci si ferma. Quando non si edifica sulle pietre cosa succede? Succede quello che succede ai bambini sulla spiaggia quando fanno dei palazzi di sabbia, tutto viene giù, è senza consistenza. Quando non si confessa Gesù Cristo, mi sovviene la frase di Léon Bloy: “Chi non prega il Signore, prega il diavolo”. Quando non si confessa Gesù Cristo, si confessa la mondanità del diavolo, la mondanità del demonio.

Camminare, edificare-costruire, confessare. Ma la cosa non è così facile, perché nel camminare, nel costruire, nel confessare, a volte ci sono scosse, ci sono movimenti che non sono proprio movimenti del cammino: sono movimenti che ci tirano indietro.

Questo Vangelo prosegue con una situazione speciale. Lo stesso Pietro che ha confessato Gesù Cristo, gli dice: Tu sei Cristo, il Figlio del Dio vivo. Io ti seguo, ma non parliamo di Croce. Questo non c’entra. Ti seguo con altre possibilità, senza la Croce. Quando camminiamo senza la Croce, quando edifichiamo senza la Croce e quando confessiamo un Cristo senza Croce, non siamo discepoli del Signore: siamo mondani, siamo Vescovi, Preti, Cardinali, Papi, ma non discepoli del Signore.
Io vorrei che tutti, dopo questi giorni di grazia, abbiamo il coraggio, proprio il coraggio, di camminare in presenza del Signore, con la Croce del Signore; di edificare la Chiesa sul sangue del Signore, che è versato sulla Croce; e di confessare l’unica gloria: Cristo Crocifisso. E così la Chiesa andrà avanti.
Io auguro a tutti noi che lo Spirito Santo, per la preghiera della Madonna, nostra Madre, ci conceda questa grazia: camminare, edificare, confessare Gesù Cristo Crocifisso. Così sia.

( Papa Francesco)

mercoledì 13 marzo 2013

"Qui c'è l'invidia del demonio"...


«Qui c’è l’invidia del Demonio»

Lettera del cardinale Bergoglio ai quattro monasteri carmelitani di Buenos Aires in occasione del voto al Senato della Repubblica Argentina sulla proposta di legge intesa a legalizzare il matrimonio e le adozioni omosessuali (approvata il 15 luglio 2010).
Traduzione di Massimo Introvigne.
Titolo redazionale.

Buenos Aires, 22 giugno 2010
Care sorelle,

Scrivo queste poche righe a ciascuna di voi che siete nei quattro monasteri di Buenos Aires. Il popolo argentino dovrà affrontare nelle prossime settimane una situazione il cui esito può seriamente ferire la famiglia.

Si tratta del disegno di legge che permetterà il matrimonio a persone dello stesso sesso. È in gioco qui l’identità e la sopravvivenza della famiglia: padre, madre e figli. È in gioco la vita di molti bambini che saranno discriminati in anticipo e privati della loro maturazione umana che Dio ha voluto avvenga con un padre e con una madre. È in gioco il rifiuto totale della legge di Dio, incisa anche nei nostri cuori.

Ricordo una frase di Santa Teresina quando parla della sua malattia infantile. Dice che l’invidia del Demonio voleva vendicarsi della sua famiglia per l’entrata nel Carmelo della sua sorella maggiore. Qui pure c’è l’invidia del Demonio, attraverso la quale il peccato entrò nel mondo: un’invidia che cerca astutamente di distruggere l’immagine di Dio, cioè l’uomo e la donna che ricevono il comando di crescere, moltiplicarsi e dominare la terra.

Non siamo ingenui: questa non è semplicemente una lotta politica, ma è un tentativo distruttivo del disegno di Dio. Non è solo un disegno di legge (questo è solo lo strumento) ma è una «mossa» del padre della menzogna che cerca di confondere e d’ingannare i figli di Dio. E Gesù dice che per difenderci da questo accusatore bugiardo ci manderà lo Spirito di Verità.
Oggi la Patria, in questa situazione, ha bisogno dell’assistenza speciale dello Spirito Santo che porti la luce della verità in mezzo alle tenebre dell’errore. Ha bisogno di questo Avvocato per difenderci dall’incantamento di tanti sofismi con i quali si cerca a tutti i costi di giustificare questo disegno di legge, e che confondono e ingannano perfino persone di buona volontà.
Per questo mi rivolgo a Voi e chiedo preghiere e sacrificio, le due armi invincibili di santa Teresina. Invocate il Signore affinché mandi il suo Spirito sui senatori che saranno impegnati a votare. Che non lo facciano mossi dall’errore o da situazioni contingenti, ma secondo ciò che la legge naturale e la legge di Dio indicano loro. Pregate per loro e per le loro famiglie che il Signore li visiti, li rafforzi e li consoli. Pregate affinché i senatori facciano un gran bene alla Patria.

Il disegno di legge sarà discusso in Senato dopo il 13 luglio. Guardiamo a san Giuseppe, a Maria e al Bambino e chiediamo loro con fervore di difendere la famiglia argentina in questo particolare momento. Ricordiamo ciò che Dio stesso disse al suo popolo in un momento di grande angoscia: «Questa guerra non è vostra, ma di Dio».  Che ci soccorrano, difendano e accompagnino in questa guerra di Dio.
Grazia per quanto farete in questa lotta per la Patria. E per favore vi chiedo anche di pregare per me. Che Gesù vi benedica e la Vergine Santa vi conservi.
Con affetto

Jorge Mario Bergoglio, S.J.
Arcivescovo di Buenos Aires

martedì 5 marzo 2013

Il valore delle piccole cose...

Studiando il Libro X delle Leggi di Platone...
Riporto una breve parte del dialogo sul "valore delle piccole cose".

Ateniese: È più difficile vedere e udire le piccole cose che le grandi, mentre è per ognuno più facile portare, padroneggiare e curare le piccole e le poche cose che non le cose opposte.
Clinia: E di molto.
Ateniese: Se è stato ordinato di curare un intero corpo a un medico, che vuole e può prendersi cura delle grandi cose, ma che trascura le parti e le piccole cose, il corpo nella sua totalità gli starà mai bene?
Clinia: Niente affatto
Ateniese: Ma nemmeno andranno bene a piloti né a comandanti né ad amministratori, né ad alcuni politici né a nessun altro di siffatte persone molte o grandi cose separatamente dalle poche e dalle piccole; infatti i muratori dicono che neppure le grandi pietre stanno poste bene senza le piccole.
Clinia: Certamente.

Ognuno di noi dovrebbe raggiungere dei piccoli obiettivi e portarli a compimento, poiché le piccole cose fanno la differenza.

Sterilizzate e umiliate...

Nella politica indiana delle sterilizzazioni, voluta dal governo e finanziata dalle organizzazioni internazionali per la pianificazione famigliare, all’inizio di febbraio è stata scritta un’altra pagina nera. Centosei donne del distretto di Malda, nel Bengala occidentale, sono state sterilizzate e poi abbandonate sulla nuda terra, fuori dal centro medico dove erano avvenuti gli interventi, che oltretutto non potevano essere più di venticinque al giorno... Dell'episodio esiste documentazione in un video dove si vedono decine di donne stese per terra, all'aperto, senza cure post operatorie e ancora in preda ai dolori...
Vale la pena ricordare - è solo un esempio tra tanti- che 166 milioni di sterline sono stati erogati dalla Gran Bretagna dal 2005 a oggi, proprio per finanziare in India quel particolare tipo di "politica contraccettiva".

Editoriale de "Il Foglio quotidiano", datato 05/03/2013

venerdì 1 marzo 2013

La veglia e la cura...


Studiando il libro VII delle Leggi di Platone...

Nessuna cosa superflua deve essere d'impedimento alle altre opere che convengono al corpo per l'assegnazione delle fatiche e del nutrimento, né all'anima per l'assegnazione degli insegnamenti e dei costumi...
Quindi, un sonno eccessivo non si adatta per natura né ai nostri corpi né alle nostre anime né alle azioni relative ad essi. Nessuno infatti quando dorme vale niente, niente di più di chi non vive; ma chiunque di noi si dà cura della propria vita e del proprio pensiero sta sveglio il maggior tempo possibile, riservando al sonno solo ciò che è utile per  la sua salute.

Riflettendo e meditando mi viene in mente un passo del Vangelo di Marco:

"State attenti, vegliate, perché non sapete quando sarà il momento preciso... Vigilate dunque, poiché non sapete quando il padrone di casa ritornerà... Quello che dico a voi, lo dico a tutti:Vegliate!"