lunedì 21 gennaio 2013

La temperanza...

 La temperanza è la virtù morale che modera l'attrattiva dei piaceri e rende capaci di equilibrio nell'uso dei beni creati. Essa assicura il dominio della volontà sugli istinti e mantiene i desideri entro i limiti dell'onestà. La persona temperante orienta al bene i propri appetiti sensibili, conserva una sana discrezione, e non segue il proprio istinto e la propria forza assecondando i desideri del proprio cuore.83 La temperanza è spesso lodata nell'Antico Testamento: « Non seguire le passioni; poni un freno ai tuoi desideri » (Sir 18,30). Nel Nuovo Testamento è chiamata « moderazione » o « sobrietà ». Noi dobbiamo « vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo » (Tt 2,12).

La temperanza è la virtù utile e necessaria affinché ognuno di noi possa vivere una vita sobria, giusta e desiderosa di verità.
Leggendo il "Gorgia" di Platone, Socrate fa una riflessione mettendo in risalto la virtù della temperanza. 
Socrate contraddice Callicle, il quale sostiene che il bene è sempre associato al piacere.

Socrate : Metti che uno ha la scabbia e ha voglia di grattarsi, e avendo la possibilità di grattarsi a suo piacimento passa tutto il tempo a grattarsi; secondo te la sua è una vita felice?

L'eccesso di piacere come cessazione di dolore o come bisogno personale, non fa condurre una vita equilibrata e onesta.

4 commenti:

  1. Sii, nel tuo camminare, modesto, e abbassa, parlando, la voce, ché di tutte le voci più ingrata è la voce dell'asino!
    Corano, XXXI, 19.

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  2. Se cerchi l'Uno, non cercare nulla al di fuori di questo Principio. Cerca piuttosto le cose che vengono dall'Uno, ma l'Uno lascialo stare. Infatti ciò che è al di fuori è ancora l'Uno, poichè egli abbraccia e misura tutte le cose.
    Plotino, Enneadi, VI, 8, 18.

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  3. Non bramando nulla, nulla lo appesantisce

    "Per poter gustare il tutto,
    non cercare il gusto in nulla.
    Per poter conoscere il tutto,
    non voler sapere nulla.
    Per poter possedere il tutto,
    non voler possedere nulla.
    Per poter essere tutto,
    non voler essere nulla.

    Per giungere a ciò che ora non godi,
    devi passare per dove non godi.
    Per giungere a ciò che non sai,
    devi passare per dove non sai.
    Per giungere al possesso di ciò che non hai,
    devi passare per dove non hai.
    Per giungere a ciò che non sei,
    devi passare per dove non sei.

    Quando ti fermi su qualcosa,
    tralasci di slanciarti verso il tutto.
    Se vuoi giungere interamente al tutto,
    devi rinnegarti totalmente in tutto.
    E quando tu giunga ad avere il tutto,
    devi possederlo senza voler nulla.

    In questa nudità lo spirito,
    trova il suo riposo, perché non
    bramando nulla, nulla lo appesantisce
    nell’ascesa verso l’alto, nulla lo sospinge
    verso il basso, perché è
    nel centro della sua umiltà.
    Quando invece brama qualcosa,
    proprio in essa si affatica".
    Giovanni della Croce

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  4. "Tutti parlano, tutto viene dilaniato dalle parole; e quanto oggi ancora sembra troppo duro per le zanne del tempo, domani, escoriato e scorticato, penderà da mille fauci.
    Tutti parlano, tutto passa inascoltato; quand'anche uno annunci la propria saggezza con un concerto di campane, i bottegai ne copriranno il suono col tintinnio dei loro spiccioli.
    Tutti parlano, nessuno che voglia ascoltare. Tutte le acque si precipitano scroscianti al mare, ma il ruscello sente solo il proprio scroscio.
    Tutti parlano, nessuno che voglia capire. Tutto finisce in fumo, nulla che vada a finire in una sorgente profonda. [...]
    Che riusciate a imparare il silenzio da me!

    Tutti parlano, nulla riesce bene, tutti a fare coccodè, ma nessuno che voglia deporre un uovo.
    O fratelli miei! Perché non imparate da me il silenzio! E la solitudine!
    Tutti parlano, nessuno che sappia dire. Tutti corrono, nessuno più che impari a camminare.
    Tutti parlano, nessuno mi sente cantare: Oh, che riusciate a imparare il silenzio da me!" (Nietzsche,da Frammenti postumi, autunno 1883, 18/34).

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