sabato 9 febbraio 2013

Rallegriamoci ed esultiamo...


È un fatto palese che l’uomo del nostro tempo, in particolare l’uomo occidentale, si è allontanato da Dio e si trova sommerso in una cultura secolarista, agnostica, atea, materialista e incentrata sulla falsa moralità.
Gli uomini dell’antichità pur non conoscendo la Verità, quindi il vero Dio, scrivevano:
“ Se fossi un usignolo, compirei la mia parte di usignolo, se cigno quella di cigno; ma essendo un essere ragionevole, devo cantare un inno a Dio”.  (Epitteto)
L’uomo di oggi invece segue la mondanità, le bugie, la falsa giustizia, la falsa libertà, la falsa verità, cioè, tutto quello che discosta dal Vero!
La cultura occidentale, da tempo, si è ostinata nel convincere l’uomo ad allontanarsi da Dio.
Ma Dio penetra in tutta la realtà, non soltanto perché procede da lui come dal principio e dalla fonte, e tende a lui come fine ultimo, anche inconsapevolmente, ma anche perché egli ha una singolare presenza in tutte le cose. Tommaso descrive questa presenza con parole cariche di densità ontologica:
“ Così Dio è in tutte le cose per potenza, in quanto tutte sono soggette alla sua potestà. È in tutte le cose per essenza, in quanto è in tutte le cose come la loro causa di essere.”(S. Theologiae, I, 8,3)
Questa presenza e vicinanza si verificano in modo speciale nell’uomo, del quale Dio non solo è causa agente, ma anche oggetto e termine delle sue operazioni spirituali; infatti è nell’anima come “cognitum in cognoscente et desideratum in desiderante”. L’uomo è capax Dei, poiché lo conosce e lo ama, actu vel habitatu. Inoltre nella formula neoplatonica, cara ad Agostino d’Ippona, in ogni uomo è sempre interior intimo meo et supremo summo meo.
“Rallegriamoci ed esultiamo”(Salmo 117). 

Giovanni Gigliotti.

Fonte: L'incontro con Dio (Edizioni Studio Domenicano)

3 commenti:

  1. No. La vita non mi ha disilluso. Di anno in anno la trovo invece più ricca, più desiderabile e più misteriosa – da quel giorno in cui venne a me il grande liberatore, quel pensiero cioè che la vita potrebbe essere un esperimento di chi è volto alla conoscenza – e non un dovere, non una fatalità, non una frode. E la conoscenza stessa: può anche essere per altri qualcosa di diverso, per esempio un giaciglio di riposo o la via ad un giaciglio di riposo; oppure uno svago o un ozio; ma per me essa è un mondo di pericoli e di vittorie, in cui anche i sentimenti eroici hanno le loro arene per la danza e per la lotta. "La vita come mezzo della conoscenza" – con questo principio nel cuore si può non soltanto valorosamente, ma perfino gioiosamente vivere e gioiosamente ridere. (da La gaia scienza , aforisma 324)
    RALLEGRIAMOCI ED ESULTIAMO!!!

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  2. “Due cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto piú spesso e piú a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me. Queste due cose io non ho bisogno di cercarle e semplicemente supporle come se fossero avvolte nell’oscurità, o fossero nel trascendente fuori del mio orizzonte; io le vedo davanti a me e le connetto immediatamente con la coscienza della mia esistenza"
    (La conclusione della Critica della ragion pratica di Immanuel Kant)

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  3. “Sta forse giungendo a compimento il senso espresso dalla nostra cultura che, come dice il nome, è ‘occidentale’, cioè ‘serale’, avviata a un ‘tramonto’, a una ‘fine’. L’evento occidentale è sempre stato presso la sua fine, ma solo ora comincia a prenderne coscienza. Ma che cosa finisce, oggi che l’Occidente è sulla via di occidentalizzare il mondo e, quindi, di annullare la propria specificità che l’ha reso finora riconoscibile? Finisce la fiducia che l’Occidente aveva riposto nel progressivo dominio da parte dell’uomo sugli enti di natura, oggi divenuti, al pari dell’uomo, materiali della tecnica. Ma la tecnica non ha alcun fine da raggiungere né alcuno scopo da realizzare, non apre scenari di salvezza, non redime, non svela la verità, la tecnica ‘funziona’ secondo quelle procedure che, pur nel loro rigore e nella loro efficacia, si rivelano incapaci di promuovere un orizzonte di senso. E sulle ceneri della categoria del ‘senso’, che dell’Occidente è sempre stata l’idea guida, si affacciano le figure del nichilismo, le quali, nel proiettare le loro ombre sulla ‘terra della sera’, indicano, a ben guardare, la direzione del tramonto. Un tramonto già iscritto nell’alba di quel giorno in cui l’Occidente ha preso a interpretare se stesso come cultura del dominio dell’uomo sulle cose.”
    Umberto Galimberti,I tramonto dell'Occidente.

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